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Immagine del redattoreEdoardo Matarazzo

TFR IN AZIENDA O NEL FONDO PENSIONE: Una guida per supportare la scelta


Immagine rappresentativa

Quando si inizia un nuovo lavoro, uno dei primi dilemmi da affrontare, entro sei mesi dall'assunzione, riguarda la gestione del Trattamento di Fine Rapporto (TFR): mantenerlo all'interno dell'azienda o destinarlo a un fondo pensione, entrando così nel mondo della previdenza complementare. Questa scelta non è di poco conto, poiché influisce direttamente sulle risorse finanziarie future del lavoratore.


Il TFR rappresenta una forma di retribuzione differita, una sorta di "fondo" che il datore di lavoro accantona nel tempo per il dipendente da erogare alla conclusione del rapporto lavorativo, indipendentemente dalle circostanze che hanno portato alla cessazione del rapporto. La somma accantonata viene rivalutata annualmente e diventa un pilastro essenziale per la sicurezza economica, anche in ottica previdenziale.


In termini numerici, il TFR corrisponde a una parte specifica della retribuzione annuale del lavoratore, pari a 1/13,5 dell'importo, cioè il 7,41%. Di questa somma, lo 0,50% viene trasferito al Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti presso l'INPS, lasciando un TFR effettivo del 6,91% della retribuzione lorda annuale.


Il TFR accantonato non viene solo riservato al futuro, ma anche rivalutato ogni anno tramite un tasso che include una componente fissa dell'1,5% e una variabile legata al 75% dell'incremento dell'indice ISTAT dell'inflazione.


Quanto descritto rappresenta il trattamento che subisce il TFR quando si decide di lasciarlo all'interno di una azienda.


Leggi l'articolo "IL TRATTAMENTO DI FINE RAPORTO - uno sguardo approfondito" per approfondire (clicca qui)


Con il decreto legislativo numero 252 del 2005, si è delineato un nuovo scenario, aprendo nuove opportunità per ciascun lavoratore. Tale decreto, infatti, permette ai lavoratori di destinare il proprio TFR all'interno di forme di previdenza complementare. Questa opzione offre ai lavoratori la possibilità di pianificare in maniera flessibile e più attivamente il proprio futuro finanziario, con la possibilità di scegliere tra fondi pensionistici collettivi o individuali.


L'obiettivo dell'articolo è fornire un'analisi razionale e approfondita degli elementi necessari a supportare una scelta consapevole tra mantenere il TFR in azienda o destinarlo a una forma di previdenza complementare.


Scelta Esplicita vs. Scelta Tacita


La decisione sulla destinazione del TFR può avvenire in due modi: attraverso una scelta esplicita o tacita.


  • Scelta esplicita: Il lavoratore dichiara chiaramente la propria intenzione di aderire o meno alla previdenza complementare. Se decide di aderire, il TFR viene destinato a un fondo pensione scelto dal lavoratore stesso mediante la compilazione di un apposito modulo. È cruciale ricordare che questa scelta è irrevocabile: una volta che il TFR è stato destinato alla previdenza complementare, non è più possibile riportarlo sotto la gestione aziendale. Nel caso in cui il lavoratore abbia manifestato la volontà di non versare il TFR in una forma di previdenza complementare, il TFR ha una destinazione differente a seconda del numero di dipendenti presenti in azienda (questa scelta non è irrevocabile). Attenzione: se l'azienda ha più di 50 dipendenti, il TFR verrà versato al Fondo di Tesoreria INPS* e uscirà dalle disponibilità aziendali; se invece i dipendenti sono meno, la gestione rimarrà interna all'azienda.


    *il fondo tesoreria INPS non opera come un fondo pensione


  • Scelta tacita: Se il lavoratore non esprime alcuna preferenza entro sei mesi dall'assunzione, il TFR viene automaticamente destinato alla previdenza complementare secondo il principio del silenzio-assenso. In questo caso, il datore di lavoro trasferisce il TFR al fondo pensionistico collettivo (quando presente) di riferimento, o, in assenza di uno specifico fondo designato, al fondo INPS residuale (Fondinps). A differenza della scelta esplicita, la scelta tacita comporta una minore partecipazione contributiva da parte del datore di lavoro.


RICORDA:


  1. Irrevocabilità della Scelta Esplicita: Una volta optato per la previdenza complementare, la decisione non può essere revocata. Questa irrevocabilità implica che il lavoratore non potrà più destinare il proprio TFR all'azienda in futuro.


  2. Implicazioni della Scelta Tacita: Se la scelta è tacita, il TFR viene comunque destinato a una forma di previdenza complementare, ma senza un ulteriore contributo da parte del datore di lavoro. Questo può influire sulla crescita del capitale destinato alla pensione.


TFR nella previdenza complementare VS TFR In azienda


Vantaggi della previdenza complementare


La previdenza complementare offre molteplici vantaggi che vanno oltre la semplice programmazione finanziaria a lungo termine, risultando particolarmente rilevanti nell'attuale contesto demografico di invecchiamento della popolazione e aumento delle necessità economiche.


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Destinare il TFR a un fondo pensione, invece di lasciarlo in azienda, permette di accedere a una gamma più ampia di strumenti finanziari, vantaggi fiscali e maggiore flessibilità nell'uso delle anticipazioni. I fondi pensione consentono anticipi su somme superiori rispetto al TFR aziendale, con condizioni più favorevoli, come anticipi per spese mediche fin da subito e per un ammontare fino al 75% del montante accumulato. Inoltre, dopo 8 anni, è possibile richiedere anticipi per esigenze non coperte dal TFR aziendale.


Anche la tassazione risulta più vantaggiosa nei fondi pensione, con aliquote agevolate che variano dal 9% al 15%, rispetto all'aliquota media IRPEF del TFR in azienda, che può arrivare fino al 43% (minima 23%). I contributi volontari versati al fondo, escluso il TFR, sono deducibili fino a 5.164,57 euro annui, riducendo il reddito imponibile. I rendimenti generati dai fondi pensione godono di aliquote più basse (20% massima) rispetto ad altri investimenti (26% massima).


Infine, l'adesione a un fondo negoziale porta con sé l’aggiunta di un contributo del datore di lavoro, pari a circa l'1% della retribuzione lorda, un vantaggio non previsto se il TFR rimane in azienda, rappresentando un ulteriore incentivo a scegliere la previdenza complementare.


Per approfondire leggi l'articolo "IL FONDO PENSIONE: strumento per la tua previdenza complementare" fai clic qui.


Vantaggi dell'azienda


Consideriamo ora i vantaggi di lasciare il TFR maturato in azienda. Il primo aspetto rilevante riguarda i costi: lasciare il TFR in azienda non comporta spese per il dipendente, mentre la previdenza complementare, pur con commissioni talvolta ridotte, comporta comunque costi legati al piano scelto.


Un ulteriore vantaggio potrebbe riguardare quei lavoratori impiegati in aziende a conduzione familiare, dove spesso l'imprenditore ha un rapporto stretto con i collaboratori. In questi contesti, può accadere che l'azienda sia disposta a concedere il TFR su richiesta del dipendente, senza attenersi rigorosamente al termine legale di 8 anni per le anticipazioni. Questo significa che, in determinate circostanze, il lavoratore potrebbe ottenere l'accesso al proprio TFR in tempi molto più brevi rispetto a quanto previsto dalla legge.


Infine, il riscatto anticipato del TFR lasciato in azienda offre una maggiore flessibilità, permettendo il ritiro completo in caso di perdita o cambio di lavoro. In un fondo pensione, invece, le opzioni di riscatto variano: il montante accumulato può essere riscattato al 100% in capitale solo se non supera determinati limiti, aggiornati annualmente. In caso contrario, è possibile ritirare il 50% in capitale, con il restante 50% obbligatoriamente erogato sotto forma di rendita.


Rendimento della previdenza complementare oppure rivalutazione aziendale


L'aspetto fiscale gioca un ruolo determinante nella scelta tra lasciare il TFR in azienda o destinarlo a una forma di previdenza complementare. A parità di rendimento, il risparmio fiscale può variare significativamente, oscillando tra un minimo dell'8% e un massimo del 34%. Tuttavia, è importante notare che, storicamente, chi ha optato per lasciare il TFR in azienda ha ottenuto un rendimento inferiore rispetto a chi ha scelto di investirlo in strumenti di previdenza complementare.


È essenziale comprendere che il rendimento del TFR lasciato in azienda è strettamente legato all'inflazione. Oltre al tasso fisso dell'1,5%, il rendimento è determinato dal 75% dell'indice dei prezzi al consumo ISTAT (inflazione). Questo significa che, in periodi di alta inflazione, come nel biennio 2021-22, mantenere il TFR in azienda può risultare più vantaggioso. Tuttavia, la decisione su dove allocare il TFR dovrebbe essere valutata in un'ottica di lungo termine, senza lasciarsi influenzare eccessivamente dalle fluttuazioni a breve termine.


Per approfondire ulteriormente questo concetto, ho incluso tre immagini estratte dalla COVIP, l'organo di vigilanza dei fondi pensione, che confrontano i rendimenti del TFR alla fine del 2021, 2022 e 2023. Queste immagini illustrano l'evoluzione delle performance nel tempo, evidenziando come periodi di alta inflazione, come quelli recentemente trascorsi, possano influenzare i rendimenti nel breve termine ma non di lungo periodo.


rendimenti a confronto TFR in azienda vs fondo pensione 2021
31.12.2021
rendimenti a confronto TFR in azienda vs fondo pensione 2023
31.12.2023
rendimenti a confronto TFR in azienda vs fondo pensione 2022
31.12.2022

Clicca nelle immagini per ingrandire

I rendimenti riportati sono al netto dei costi di gestione per le forme di previdenza complementare


Dalle immagini riportate si osserva come il TFR in azienda abbia recuperato terreno negli ultimi anni, grazie all'elevata inflazione che ha caratterizzato questo periodo. Tuttavia, è importante considerare che questa inflazione elevata è un fenomeno transitorio e non destinato a perdurare nel tempo. Di conseguenza, il gap che si è ridotto nel 2022 rispetto al 2021 potrebbe nuovamente ampliarsi negli anni a venire.


Inoltre, è essenziale tenere presente che i rendimenti illustrati rappresentano una media di tutti i comparti. Se ci concentrassimo sui comparti di investimento orientati principalmente al rendimento, come quelli azionari, che sono consigliati a chi ha molti anni di lavoro davanti, vedremmo rendimenti significativamente superiori, talvolta quasi il doppio rispetto alla rivalutazione del TFR lasciato in azienda.


Conclusione


Alla luce di quanto esposto, è evidente che la scelta tra mantenere il TFR in azienda o destinarlo a una forma di previdenza complementare richiede un'attenta valutazione di diversi fattori. Tra questi, l'orizzonte temporale, la propensione al rischio, l'andamento dell'inflazione, i vantaggi fiscali e le proprie esigenze di liquidità nel tempo. Ogni opzione presenta i suoi vantaggi e svantaggi, e solo un'analisi approfondita delle proprie esigenze e aspettative future permetterà di prendere una decisione consapevole e in linea con i propri obiettivi finanziari a lungo termine.


Va però considerato che, in un contesto economico e demografico caratterizzato dall'invecchiamento della popolazione e da crescenti pressioni sul sistema previdenziale, diventa sempre più cruciale iniziare a programmare per tempo la nostra quiescenza lavorativa. La previdenza complementare rappresenta un ottimo supporto in questa pianificazione, offrendo strumenti flessibili e vantaggi fiscali che possono integrare in modo efficace la pensione pubblica, assicurando un tenore di vita adeguato anche in futuro.





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